Ecco perché c’è carenza di personale nel settore del turismo e della ristorazione

Autore: Savino Bartolomeo 15-09-2021

A stagione finita, ora che il vortice di urgenze è terminato, mi piacerebbe tornare sull’argomento principe dell’estate, che ha infiammato i dibattiti di chiunque: il personale che non si trova nel settore turistico e soprattutto nei ristoranti e per gli eventi.

Abitando da sempre questi settori, ho potuto ascoltare le più disparate versioni da entrambe le parti. Gli imprenditori incolpano da sempre i giovani e la loro poca voglia di lavorare, i giovani dal canto loro si lamentano delle basse paghe, dei diritti e degli orari non consoni a lavori spesso troppo impegnativi.

Ad aggiungere pepe all’annosa discussione ed infiammarla, negli ultimi anni si è aggiunto il famoso e discusso reddito di cittadinanza.

Si sente ripetere spesso, da più parti: “come può una persona che riceve € 800,00 stando a casa, lavorare per € 1.400,00?!” 

Io abito questo settore fin dalla tenera età e posso garantire che la dicotomia giovane che non vuole lavorare/imprenditori schiavisti che non vogliono pagare non è una novità, esiste da sempre.

Cosa è successo allora negli ultimi mesi che ha accentuato l’eterno problema?

Il Covid.

C’è da dire che conosco personalmente parecchi amici impiegati nel settore turistico che durante i lunghi periodi di lockdown hanno avuto il tempo di fermarsi e riflettere. Hanno potuto, finalmente, godere del tempo con i figli e della casa, costruita con i tanti sacrifici fatti. Soprattutto i lavoratori della ristorazione a fine lockdown, con qualche locale ancora chiuso o semiaperto, con le chiusure anticipate e tutte le varie formule di quel tempo, sono addirittura riusciti ad incontrare amici nei weekend, cosa che pre pandemia era letteralmente impossibile.

Non dimentichiamo che con il settore totalmente fermo, c’è chi ha dovuto per necessità o appunto per ponderata scelta, cercare altro, trovandolo nell’aumento esponenziale di domande occupazionali per ruoli quali fattorini, corrieri, magazzinieri, food delivery, padroncini… settori che necessitano personale senza grande esperienza. A parità di busta paga, molti operatori del turismo e della ristorazione hanno semplicemente occupato posti creati dalla (nuova) grande distribuzione.

Questi settori, a differenza (e spiace dirlo) del settore turistico per niente normato, prevedono, orari, turni e buste paga con tutti i diritti da contratto. Un corriere sa che prima consegna la merce, prima va a casa e può godere dell’altra mezza giornata per le sue passioni. Soprattutto il sabato e la domenica è libero per la famiglia, per gli amici.

La ristorazione è bellissima e ti regala soddisfazioni estreme, la vita però la dimentichi. È tutto così veloce da non permetterti di pensare. Ecco perché chi si è occupato in quel periodo, chi ha provato e trovato altro, non ci pensa neanche lontanamente a tornare in un settore non normato, con orari che non esistono e buste paga alquanto improvvisate. In alcune realtà del Sud si lavora ancora totalmente in nero senza nessun tipo di tutela.

D’altro canto prima o poi bisognerà affrontare anche il discorso delle tasse sul lavoro più alte d’Europa, dei salari del personale, del cuneo fiscale e di come agevolare e supportare gli imprenditori onesti.

Forse tutta questa discussione non passerà invano. Questo scossone occupazionale, i diritti pretesi degli operatori del settore, saranno finalmente la leva per una nuova narrativa di rinascita del turismo e l’Italia tutta potrà tornare ad esprimere al meglio la propria vocazione nel campo ristorativo e dell’ospitalità. Campi in cui, nonostante le difficoltà, abbiamo ancora da insegnare molto al mondo intero. Auguriamocelo tutti.

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