La verità, vi spiego, sulla mancanza di ristoranti stellati a Bari

Autore: Savino Bartolomeo 5-12-2021

Mi piacerebbe affrontare una volta per tutte l’argomento riguardante l’assenza di ristoranti stellati Michelin a Bari. Come mai la nostra città non vede (ormai da anni) l’assegnazione di questo rinomato premio assegnato della famosa rossa? Cosa manca alla nostra proposta di ristorazione per ambire a questo riconoscimento che lancia chi lo riceve (e di riflesso tutta la città che lo accoglie) nell’olimpo delle eccellenze?

Si è scritto che in media i ristoranti con 1 sola stella arrivino a sfiorare 1 milione di fatturato all’anno. Ma al di là del risultato economico, sono altri i fattori come prestigio, attenzione, target di clientela raggiunta, collaborazioni nel segmento luxury, sponsor, che interessano gli chef più eccentrici e creativi che ambiscono ad essere selezionati.

Mancano forse questi tipi di professionisti a Bari? La clientela locale non ha il palato educato a riconoscere e pretendere un certo tipo di ristorazione?

Si è scritto in questi giorni che il barese medio predilige quattro piatti e sempre quelli: il crudo, gli spaghetti all’assassina, fave e cicorie, patate riso e cozze… Tradizione e semplicità. Ma se così fosse non basterebbe a giustificare la “pigrizia” degli chef. Sì sa che i ristoranti stellati godono di propria clientela che arriva da tutto il mondo. I locals sono solo un valore aggiunto. E Bari sarebbe raggiungibile in poco più di un’ora da quasi tutto il sud Italia.

E allora ancora cos’è che manca per vedere finalmente sbarcare l’ambito premio in città?

Certamente il fatto che spesso lo chef sia anche proprietario del ristorante non aiuta. Disperdere energie tra formazione del personale, spese, tasse, relazioni col pubblico e fornitori, certamente toglie tempo alla ricerca e sperimentazione. Non dimentichiamo che spesso la difficoltà sta anche nel motivare tutti i componenti della brigata.

Conosco tanti giovani chef desiderosi e motivati che però spesso sono circondati da colleghi che pascolano nella ristorazione in modo temporaneo, per prendere volgarmente lo stipendio e imprenditori con l’occhio più al risparmio che al prestigio.

Fette queste dovute premesse, quello che credo manchi, è una determinata fascia di food writers, esperti, giornalisti o non, che descrivono quotidianamente il territorio, il settore e le attività di spicco dello stesso. Gente preparata, profondamente esperta in materia, che raccontando quotidianamente il mondo della ristorazione, faccia da apripista ad un maggiore coinvolgimento da parte di tutta la comunità. Tramite loro, i locals sarebbero educati ad una più attenta fruizione dell’esperienza ristorante. Salirebbe così tutto il livello della discussione e con essa il coinvolgimento da parte degli attori protagonisti.

Io stesso seguo su questi social, profili di food enthusiast, giornalisti enogastronomici, food blogger, che spesso suggeriscono posti e location che poi vado a testare personalmente. Non a caso questi profili, originari del leccese e del tarantino, hanno contribuito alla crescita di quei territori che adesso trainano la Puglia e l’intero settore turistico – ristorativo.

Ho appreso da alcuni amici e apprezzato l’introduzione di alcuni corsi universitari in enogastronomia d’impresa, per adesso solo in alcune università private (da sempre più piccole ed agili, pronte ad intuire e assecondare l’interesse del momento) e questo è un ottimo primo passo. Speriamo che anche chi dirige l’università pubblica capisca ed investa in questo settore, per la formazione di esperti manager e non, figure che sappiano contribuire alla creazione di un settore che genera introiti importanti anche senza particolari investimenti.

Alzare il livello del discorso, approfondirlo attraverso il racconto di esperti, farebbe bene a tutto quello che c’è intorno. Ecco perché credo che l’assenza assoluta in città di queste figure sia collegata in modo determinante all’assenza di riconoscimenti.

C’è bisogno di chi, raccontando le attività, accenda i riflettori sulle stesse. Perché se è vero che la qualità prima o poi viene premiata, a volte una buona comunicazione ampia l’interesse della gente e accelera il percorso verso le stelle.

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